La giovinezza in Egitto, al limitare del deserto, sarà una dimensione che Ungaretti rievocherà infinite volte come qualcosa che lo ha messo a contatto con una dimensione diversa rispetto a quella tipica del paesaggio italiano.
Ritroviamo un riferimento esplicito al paesaggio desertico dell’Egitto in una raccolta di prose che Ungaretti chiamerà inizialmente Il deserto e dopo, come se tutto ciò che viene dopo l’esperienza in Egitto fosse condizionata da questa immagine, da questo fotogramma stampato alla memoria del deserto egiziano; questo paesaggio tornerà infinite volte nella sua poesia, anche quando si tratterà di assimilarlo, di paragonarlo a paesaggi più vicini, più consueti, legati alla quotidianità della vita italiana. Giuseppe Ungaretti, si sa, fu viaggiatore infaticabile. Nei suoi innumerevoli spostamenti riuscì a cogliere sempre con folgoranti intuizioni le caratteristiche di un luogo, lo spirito di un popolo, il nutrimento molteplice di un’altra cultura.
Tra il febbraio e il settembre del 1934 Ungaretti, ormai poeta di fama internazionale, visitò per conto del quotidiano “La Gazzetta del Popolo” di Torino la Puglia e la Basilicata. Aveva negli occhi un’importante serie di paesaggi e di culture, passate al vaglio di un acuto sentimento artistico. L’Egitto natìo, la Francia delle avanguardie storiche, Firenze e Milano e Roma, sedi delle più vive proposte in campo letterario, la memoria mai sopita del Carso arroventato dalla Grande Guerra, durante la quale era nato il diario affranto dell’Allegria. Scendendo al Sud, si era appena staccato dalle visioni dell’Olanda e ancor prima della Corsica. Erano l’aridità e l’acqua i poli contrapposti di questa alterna vicenda geografica, i segni inconfutabili di una dialettica rintracciabile, se se ne fossero approfonditi i termini, alla confluenza con la storia d’Italia e d’Europa. Dall’Egitto, alla Corsica, al Mezzogiorno, passando per l’Olanda; in fine volume una raccolta di poesie popolari brasiliane recate in italiano da Ungaretti.